Italia, Seconda guerra mondiale: la costituzione del piano per la protezione del patrimonio librario.

Donatella Matè, Flavia Bruni, Alessia Strozzi*

doi 10.53258/ISSN.2785-261X/OI/02/695

Abstract

Obiettivo del contributo è delineare la prima fase del piano di protezione per le biblioteche, oggi comunemente indicato come piano di emergenza, predisposto prima del secondo conflitto mondiale. A partire dalle circolari diramate dalla Direzione generale delle accademie e biblioteche del ministero dell’Educazione nazionale e dalle Soprintendenze bibliografiche, sono ripercorsi gli eventi che indussero alla programmazione e alla realizzazione delle operazioni di trasferimento e di ricovero del materiale librario più prezioso nei numerosi rifugi scelti sul territorio nazionale prima e durante la guerra. Attenzione è stata data ad Alfonso Gallo, per il ruolo avuto nella fase iniziale dell’organizzazione del piano di protezione delle biblioteche, e perché l’Istituto di patologia del libro − da lui fondato nel 1938 − raccolse la documentazione fotografica delle operazioni di movimentazione presso i ricoveri e dei beni danneggiati dalla guerra. Il contributo vuole sottolineare l’impegno esemplare dell’Italia nella conservazione e tutela del patrimonio culturale avviatosi nell’urgenza delle circostanze belliche.

*Ministero della Cultura. Questo contributo è l’esito di un lavoro condiviso; nel dettaglio, l’introduzione, il primo paragrafo e le conclusioni sono firmati da Flavia Bruni, il secondo paragrafo da Donatella Matè, il terzo da Alessia Strozzi.

Introduzione

Tra le gravi ripercussioni determinate da guerre e occupazioni del territorio sulla vita civile di un Paese, un posto di rilievo è occupato dal danneggiamento o, nel peggiore dei casi, dalla distruzione del patrimonio che ne contraddistingue l’identità culturale. Nella consapevolezza di questo concreto pericolo, prima e durante il secondo conflitto mondiale una particolare attenzione fu dedicata in Italia allo sviluppo di un piano di protezione del patrimonio archivistico e librario e alla sua applicazione, che prevedeva il trasferimento e il ricovero del materiale più prezioso in numerosi rifugi identificati sul territorio nazionale. Protagonisti di queste operazioni, coordinate dalla Direzione generale delle accademie e biblioteche del ministero dell’Educazione nazionale e dalle Soprintendenze bibliografiche, furono direttori, funzionari e operatori del settore. Un ruolo fondamentale in questo percorso ebbe Alfonso Gallo con il Regio Istituto di patologia del libro, da lui fondato nel 1938 e diretto fino alla sua morte, avvenuta nel 1952. Tenendo fede alle intenzioni del fondatore, l’Istituto ha assunto e mantenuto nei decenni successivi la funzione di studio, documentazione e restauro del libro come manufatto da un punto di vista scientifico e storico con un approccio pratico e multidisciplinare. Nell’ambito di questa visione completa e lungimirante della tutela rientra la predisposizione in Italia di un piano per la protezione del patrimonio librario intrapresa con tempismo e accuratezza.

Il piano di protezione del patrimonio librario in Italia

In Italia la formulazione di una strategia coerente per la protezione delle biblioteche nell’eventualità di un nuovo conflitto mondiale che si prospettava imminente fu tempestivamente intrapresa a partire dal 1934.[1] Il piano che ne risultò prendeva in considerazione diversi aspetti in quanto, oltre ad assicurare le esigenze e l’incolumità del personale di servizio e dei lettori, era finalizzato a salvaguardare gli edifici e il patrimonio librario. Le misure preventive per la tutela di quest’ultimo emanate dalla Direzione generale per le accademie e le biblioteche del ministero della Pubblica istruzione tra il 1935 e il 1936 si basavano sulla suddivisione delle risorse in tre categorie da gestire diversamente.

Il materiale identificato come gruppo A comprendeva i manoscritti, gli incunaboli (ovvero i libri stampati dall’avvento della tecnica di stampa a caratteri mobili, intorno alla metà del XV secolo, alla fine dello stesso secolo) e tutti i libri riconosciuti a vario titolo come oggetti di eccezionale rarità e straordinaria rilevanza culturale, oltre a cimeli di altro genere. Per quanto rientrasse in questa prima categoria si disponeva l’allontanamento dai principali centri urbani, considerati potenziali obiettivi in caso di attacco aereo, in favore della custodia temporanea in luoghi per lo più isolati e ritenuti perciò più sicuri, quali castelli, ville e monasteri. Il gruppo B annoverava al suo interno libri di rarità e pregio ritenuti inferiori rispetto a quelli del gruppo A; tra questi erano, per esempio, le cinquecentine (i libri stampati nel XVI secolo), tradizionalmente considerate meno rare e preziose rispetto agli incunaboli. I beni appartenenti a questo gruppo dovevano essere spostati in locali più sicuri, spesso individuati nei sotterranei, all’interno del luogo abituale di conservazione. Tutto il resto, consistente in libri più recenti e di minor valore, costituiva il gruppo C, per il quale non era previsto alcun provvedimento specifico.[2] Queste misure tentavano di bilanciare le esigenze di tutela del patrimonio librario con varie problematiche e considerazioni pratiche, tra cui la volontà di mantenere almeno una parte delle risorse a disposizione del pubblico per evitare l’impatto negativo che uno svuotamento massiccio delle biblioteche già prima dell’inizio del conflitto avrebbe comportato sul morale della popolazione;[3] anche per questo, una larga parte del patrimonio librario rimase effettivamente consultabile nella sede e nella collocazione abituale durante la guerra.[4]

In Italia già durante la prima guerra mondiale molti libri di pregio erano stati allontanati dalle sedi di Veneto e Friuli, considerate più a rischio. Alcuni manoscritti della biblioteca Marciana avevano trovato rifugio a Firenze, proprio accanto alla biblioteca Laurenziana, nella cripta della cappella medicea.[5] I provvedimenti straordinari scaturiti dall’urgenza bellica misero in luce anche la necessità di organizzare in modo stabile la tutela del patrimonio. A questo si dovette l’istituzione poco dopo la fine della guerra, nel 1919, delle Soprintendenze, uffici regionali incaricati dal ministero della Pubblica istruzione della protezione e supervisione sul patrimonio, seguita nel 1926 da quella della Direzione generale accademie e biblioteche, istituti destinati ad avere ben presto un ruolo cruciale nella difesa del patrimonio nazionale.[6]

I piani messi in atto in Italia già prima dello scoppio della seconda guerra mondiale per la protezione del patrimonio librario nazionale riuscirono nel complesso a limitare i danni subiti da archivi e biblioteche, soprattutto in confronto a quanto avvenne nel resto d’Europa.[7] Il relativo successo della strategia italiana si spiega con diversi fattori: la cosiddetta «difesa elastica», che demandava ai dirigenti decisioni immediate per lo spostamento del materiale di fronte all’emergenza, risultò particolarmente efficace nell’ultima fase del conflitto, quando era ormai impossibile basarsi su previsioni a medio e lungo termine sugli eventi bellici;[8] dal 1944 il Vaticano, che dal 1942-43 aveva intrapreso un’azione per la salvaguardia del patrimonio di archivi e biblioteche degli enti ecclesiastici analoga a quella dello stato italiano, diede la sua disponibilità ad accogliere temporaneamente nei propri locali libri e documentazione archivistica anche di enti statali;[9] infine, l’impegno personale e la dedizione esemplare, in taluni casi eroica, di molti bibliotecari e archivisti italiani diedero un apporto fondamentale al raggiungimento di un risultato soddisfacente dei piani di conservazione.[10]

A livello più generale, l’adozione di una gestione uniforme per gli archivi e le biblioteche, frutto della politica fascista di centralizzazione amministrativa, si dimostrò determinante anche in relazione al particolare contesto italiano, in quanto compensava parzialmente la situazione di secolare frammentazione ereditata dagli stati preunitari: i piani per la protezione degli archivi furono infatti analoghi a quelli per le biblioteche.[11] Sulla scia del vivace dibattito internazionale su questi argomenti, anche la Francia seguì una linea operativa analoga a quella italiana e intraprese per tempo provvedimenti per l’evacuazione selettiva di libri e documenti.[12] In Germania, al contrario, l’evacuazione delle biblioteche avvenne in modo occasionale e discontinuo per iniziativa individuale di singoli direttori, in assenza di un’autorità centrale che potesse intraprendere un’azione coordinata. Il primo regolamento ufficiale, consistente di fatto nella traduzione letterale della circolare emanata in Italia nel dicembre del 1936 sulla suddivisione dei beni in tre gruppi ai fini della tutela, fu emanato solo nel giugno del 1939. Oltre che dall’approccio tardivo, la situazione tedesca fu penalizzata anche da un altro aspetto sostanzialmente diverso rispetto a quanto si era verificato in Italia, ovvero la mancanza di uniformità nel trattamento di archivi e biblioteche. La situazione degli archivi, che dipendevano dal ministero dell’Interno, fu leggermente migliore di quella delle biblioteche proprio in quanto l’evacuazione fu organizzata centralmente. Le divergenze nelle politiche nazionali trovavano le proprie radici nella diversa esperienza del precedente conflitto mondiale: in Italia la pianificazione precoce di un piano di sicurezza si doveva al timore di attacchi ancor più pericolosi di quelli appena subiti sul proprio territorio, mentre la Germania, oltre a non essere stata teatro di battaglie recenti, sottostimò il potenziale distruttivo dei bombardamenti aerei.[13]

Questo errore di valutazione fu in realtà commesso da molti e in parte anche dalle stesse istituzioni italiane. Nonostante la generale consapevolezza della necessità di proteggere edifici e collezioni di libri e documenti dagli attacchi aerei, i piani per la protezione rimasero di fondo inadeguati alle gravi situazioni di emergenza determinate dalle nuove tecniche di guerra aerea.[14] Un esempio tristemente noto è rappresentato dal complesso dell’Archiginnasio di Bologna, che dimostrò la totale inadeguatezza delle tradizionali misure antincendio con cui era stato messo in sicurezza di fronte ai bombardamenti aerei.[15] Nonostante i limiti, i piani italiani per la protezione del patrimonio si dimostrarono nel complesso efficaci fino al 1943, soprattutto grazie alla pianificazione avvenuta con largo anticipo rispetto allo scoppio del conflitto.[16] Un’ulteriore complicazione sopraggiunse però tra luglio e settembre del 1943, quando, in seguito allo sbarco degli Alleati in Sicilia e la firma dell’armistizio da parte del generale Pietro Badoglio, gli schieramenti si capovolsero.[17] Con l’uscita dell’Italia dal Patto d’acciaio i piani per la protezione si rivelarono improvvisamente e tragicamente superati, in quanto il pericolo maggiore non era più rappresentato dagli attacchi aerei ma dalle rappresaglie sul territorio da parte dell’esercito tedesco che risaliva la penisola incalzato dalle truppe alleate.[18]

Prima della nomina di Luigi De Gregori: il ruolo di Alfonso Gallo nel piano di protezione

Nel 1936 la circolare n. 7774, finalizzata alla salvaguardia delle biblioteche ed emanata dal ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Bottai, costituirà una tappa fondamentale del percorso avviato nel 1934,[19] quando l’Italia aveva iniziato a prepararsi ad un possibile conflitto e cominciarono ad essere introdotti piani di protezione a tutela del patrimonio librario e archivistico.[20]

Il 1934 è l’anno in cui vengono avviate le misure di protezione antiaerea. La Commissione suprema di difesa (organo interministeriale presieduto dallo stesso capo del Governo) aveva invitato i vari ministeri a provvedere all’elaborazione di un piano di protezione antiaerea. Con la circolare n. 7774, rivolta ai direttori delle biblioteche governative e ai soprintendenti bibliografici, si inquadravano puntualmente le attività da intraprendere a difesa dei materiali; si trattava di fatto della prima strategia di difesa adottata in seguito alla terribile esperienza della guerra del 1915-18.

Prima delle menzionate circolari n. 763 e n. 7774 bisogna ricordare anche quella «riservata» del gennaio 1931, sempre del ministero dell’Educazione nazionale, che si inserisce nel contesto post Grande Guerra, in cui si auspicavano progetti di mobilitazione civile gestiti dalla Commissione suprema di difesa anche in tempo di pace. Questa circolare, indirizzata dal ministro della Pubblica istruzione ai soprintendenti alle antichità e belle arti, ai direttori delle biblioteche governative e ai soprintendenti bibliografici sottolineava:

Massima importanza ha per questo Ministero la difesa del patrimonio archeologico artistico e bibliografico. […] La protezione degli oggetti mobili non si può far meglio che col trasporto di essi in luoghi più sicuri. È opportuno di predisporre in anticipo quali possono essere tali luoghi, preferendo […] edifici di campagna non molto appariscenti.[21]

L’allerta diffusa a seguito delle circolari emanate contribuì a formare nella classe dei bibliotecari, in anni non ancora dominati dall’emergenza, una coscienza nei confronti della condotta e delle soluzioni da adottare per tutelare il patrimonio.[22]In questi anni furono introdotte leggi di rilievo, come la conversione in legge del Rdl del 1936, n. 2216, in materia di protezione antiaerea.[23]

Della scelta dei ricoveri − per beni classificati di gruppo A − e del coordinamento dei bibliotecari impegnati nell’opera di protezione del materiale più prezioso fu incaricato, dal ministro dell’educazione nazionale Giuseppe Bottai, l’ispettore generale bibliografico Luigi De Gregori. Era il 1° settembre del 1939, giorno in cui, con l’invasione del territorio polacco da parte delle truppe tedesche, ebbe inizio la seconda guerra mondiale.[24]

De Gregori in quegli anni ebbe un ruolo fondamentale nella salvaguardia del patrimonio delle biblioteche, soprattutto romane, sia con il suo impegno in prima persona sia tramite il coordinamento dei bibliotecari coinvolti nelle operazioni. Durante gli anni del conflitto lavorò incessantemente spostandosi nei vari siti destinati alla protezione per verificare l’integrità dei beni.[25] Dopo la fine della guerra si interessò del ripristino delle biblioteche devastate e del ricollocamento del patrimonio librario nelle sedi originarie.[26]

Prima della nomina di De Gregori, personaggio che esercitò un indubbio ascendente sui bibliotecari del tempo,[27] tra gli esperti che si occuparono delle fasi iniziali della costruzione del piano di protezione vi era anche Alfonso Gallo.[28] Il suo contributo è soprattutto legato alla fondazione del Regio Istituto di patologia del libro,[29] ente che contribuì, in quel difficile frangente della storia italiana, al recupero e al restauro di molti beni librari danneggiati.

Per rispondere alla richiesta della Commissione suprema di difesa, all’interno della Direzione generale delle accademie e biblioteche[30] fu costituito un gruppo di esperti, tra cui figurava anche Alfonso Gallo,[31] paleografo e studioso dei problemi legati alle «malattie» dei libri e alla loro «cura».

Dal 1926 ispettore superiore bibliografico con nomina del ministro della Pubblica istruzione Pietro Fedele e titolare della cattedra di bibliografia e biblioteconomia alla Sapienza di Roma, nel 1929 Gallo divenne membro della Commissione istituita dall’Accademia dei Lincei per il restauro dei materiali librari con criteri scientifici, ed in seguito entrò a far parte del Consiglio direttivo dell’Associazione dei bibliotecari italiani costituita nel 1930.[32] Come membro della Commissione, svolse un ruolo attivo nella scelta dei ricoveri[33] e nel definire le principali misure da intraprendere, quali la suddivisione dei beni librari in base al loro valore, la scelta dei siti da adibire a ricovero di quelli più pregiati lungo la dorsale appenninica e l’addestramento del personale in caso di incendio causato dai bombardamenti nei rifugi.[34] Per la movimentazione, Gallo si occupò anche di vagliare le diverse ipotesi per l’imballaggio dei materiali, scartando ad esempio l’uso di casse di compensato smontabili per via dell’alto costo, e dei mezzi di trasporto, per i quali aveva preso accordi con i tecnici della Fiat per definire il mezzo più idoneo, da lui individuato nei bibliobus.[35]

Verso la fine del 1937, conclusa la collaborazione al progetto di mobilitazione voluto dalla Direzione generale, Gallo poté dedicarsi completamente alla fondazione dell’Istituto da lui progettato[36] per la tutela del libro, per il quale espresse così i suoi intenti: «abbiamo il dovere non solo di custodire il patrimonio bibliografico, ma di prevenirne il deterioramento e di curarne la preservazione anche per il futuro».[37] L’Istituto di patologia del libro fu inaugurato il 4 giugno 1938 alla presenza dell’onorevole Bottai, con la partecipazione anche del Direttore generale delle accademie e biblioteche Edoardo Scardamaglia e di altre personalità del mondo accademico e della cultura.

Alle soglie della guerra, una serie di eventi consentirà all’Italia di essere annoverata tra i Paesi maggiormente sensibili alla tutela del proprio patrimonio culturale. Nel 1939 verrà varata la legge n. 1089,[38] la prima intesa a disciplinare la tutela dei beni culturali, e la n. 1497 tesa alla protezione delle bellezze naturali. Nel 1939, su progetto di Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi, nascerà anche l’Istituto centrale del restauro (Icr).[39]

L’interesse verso l’azione, o meglio missione, dell’Istituto di patologia del libro troverà consensi e apprezzamenti sia in Italia sia all’estero. Gallo stesso nel 1942 sottolineerà il plauso unanime della stampa scientifica e tecnica, della radio e del cinema, scrivendo:

Qualcuno degli avvenimenti di maggiore importanza è stato registrato cinematograficamente: per esempio la visita del Duce nel “Giornale Luce” n. 1640.

La Società cinematografica Incom ha realizzato un film intitolato l’Ospedale del Libro […]. Il film è stato già proiettato con successo a Berlino e nelle maggiori sale cinematografiche italiane. […] L’Eiar dalla Stazione di Roma I la sera del 7 novembre 1939 trasmise una radioconversazione dell’ing. Edoardo Lombardi del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e dalla Stazione di Roma II la sera del 31 marzo 1940 trasmise un lungo documentario curato e presentato dal dott. Amerigo Gomez.[40]

L’Istituto aveva la funzione di restaurare in modo scientifico libri, manoscritti e documenti provenienti da archivi e biblioteche. A tal proposito Gallo scrisse:

Sorgemmo alla vigilia di una guerra che ha colpito atrocemente biblioteche ed archivi nei paesi belligeranti e che ci ha trovati pronti ad affrontare situazioni difficili. Anche quando le nostre possibilità diminuirono per carenza di  materie prime, […] nessuna richiesta di soccorsi restò inascoltata. […] I relitti di tanta rovina impegnano tutte le nostre forze in una lotta immane e diuturna, in cui ci sentiamo affratellati con tutti coloro che amano il libro e sentono il fascino della tradizione.[41]

Ritornando sui lavori della Commissione, l’individuazione dei siti di ricovero dei beni fu presa tra la fine del 1939 e l’inizio del 1940. Sebbene non sia del tutto chiaro il ruolo di De Gregori e di Gallo nell’ambito di questa scelta, si ritiene che quest’ultimo abbia quasi sicuramente organizzato i rifugi per le biblioteche di Firenze e della Toscana, come confermerebbe una lettera che Gallo scrisse l’11 settembre 1939 al Direttore generale delle accademie e biblioteche Edoardo Scardamaglia.[42]

Altri ispettori ebbero ruoli attivi nel trovare e proporre ulteriori ricoveri e nella cooperazione per la salvaguardia di beni diversi, degna di menzione è l’opera di Giulio Volpini e di Luigi Arcamone che si occuparono del rifugio di Montevergine, complesso monastico mariano di Mercogliano in provincia di Avellino.[43] Il santuario ospitò segretamente, dal 1939 fino alla fine del conflitto − su decisione del cardinale Montini (futuro papa Paolo VI) −, anche la Sacra Sindone da Torino,[44] per proteggerla, oltre che dai bombardamenti, soprattutto da possibili trafugamenti da parte dei nazisti.

Il 29 febbraio del 1940 il Ministero comunicò le località scelte per i materiali di gruppo A in via riservata ai direttori delle biblioteche governative,[45] che il 4 giugno del 1940 furono invitati a prepararsi per la movimentazione; il 6 giugno si ordinò il trasporto del materiale del gruppo A presso i ricoveri.[46] Pochi giorni dopo, il pomeriggio del 10 giugno, Benito Mussolini annunciò dal balcone di Palazzo Venezia l’entrata dell’Italia in guerra contro la Francia e la Gran Bretagna al fianco della Germania.

Il 31 luglio fu emanata un’altra circolare dall’Ufficio di mobilitazione civile e protezione antiaerea, la n. 4866, che, allo scopo di effettuare uno studio sulla situazione delle biblioteche, chiedeva ai direttori delle biblioteche governative e ai soprintendenti bibliografici la documentazione fotografica relativa ai ricoveri e alle operazioni più salienti della movimentazione delle casse contenenti i beni di categoria A e B. Tale documentazione fu raccolta nella fototeca dell’Istituto di patologia del libro.[47]

Intorno alla metà dello stesso mese di luglio, il materiale di gruppo A delle biblioteche governative era stato già tutto collocato nei luoghi prescelti.[48] Nel corso della guerra, il rapido cambiamento degli eventi determinò lo spostamento dei beni dai rifugi inizialmente individuati, seguendo la logica della «difesa elastica» definita da Enrico Jahier.[49]

Secondo la strategia militare per ottenere una vittoria sul campo sono necessari tre elementi: la motivazione, l’addestramento, i mezzi. La motivazione di questi uomini era: «salviamo la creatura»;[50] l’addestramento erano le competenze acquisite negli anni di lavoro (utilizzate, ad esempio, per  categorizzare i beni); mentre i mezzi erano quelli forniti dal governo, per quanto solo, si badi bene, per le biblioteche governative. I bibliotecari con dedizione e spirito di sacrificio combatterono la loro battaglia parallela: portare in sicurezza il patrimonio librario.

Nonostante le tante perdite essi riuscirono nell’impresa di proteggere molti beni preziosi. Grazie ad un progetto portato avanti dalla fondazione statunitense Monuments Men Foundation for the Preservation of Art,[51] alcuni di questi bibliotecari – tra cui Luigi De Gregori[52] –, sono stati di recente annoverati, nella sezione Heroes, tra i Monuments Men(Sub-commission MFAA – Monuments, Fine Arts and Archives),[53] la nota task force di professionisti del settore prestati alle fila delle Forze Armate con lo scopo di proteggere le opere d’arte, catalogarle e cercarle nel caso in cui fossero state trafugate.[54]

L’importanza della prevenzione e della preparazione alle emergenze

Colpisce i nostri occhi la data della prima circolare sul piano di protezione del patrimonio librario: 31 gennaio 1935. L’attenzione rivolta alla misure di mobilitazione civile, ben prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, ci fa meglio comprendere la tesi di Hobsbawm[55] che vede la prima e la seconda guerra mondiale come un unico grande conflitto; gli attori risposero con le armi possibili per la tutela del patrimonio culturale: la prevenzione, per quanto possibile, dei rischi e la preparazione alle emergenze.

Il piano risulta essere composto dalla serie di circolari messe a punto dalla Direzione generale per le accademie e le biblioteche del ministero della Pubblica istruzione, prima e durante la guerra. Per mettere in atto i piani di protezione del materiale bibliografico, insieme all’individuazione dei volumi per ogni categoria stabilita – come visto precedentemente –, l’altra azione necessaria era individuare i luoghi di deposito temporaneo: la modalità risulta differente per i beni di categoria A, per i quali era necessario individuare luoghi lontani dai centri abitati che fungessero da ricovero temporaneo quali ville, monasteri, castelli, fortezze, eremi; per i beni di categoria B i luoghi di custodia potevano essere previsti all’interno degli stessi edifici purché posti nei piani inferiori o nei sotterranei, se disponibili. Nei casi in cui non fossero presenti queste possibilità di ricovero o qualora il luogo venisse dichiarato non idoneo, si poteva cercare aiuto – non senza difficoltà – in edifici limitrofi. Si citano, a titolo di esempio, le venti casse della Biblioteca di archeologia e storia dell’arte a Roma che trovarono rifugio nei seminterrati della Galleria Borghese.[56]

Ma non solo spazio si cercava: un  ispettore del Ministero veniva incaricato di verificare l’idoneità dei locali di ricovero tramite sopralluoghi preventivi.[57] Per essere “locali idonei al ricovero”, i depositi dovevano rispondere a necessità conservative e garantire quindi la stabilità dei parametri termo-igrometrici, del controllo delle fonti luminose, delle condizioni di aerazione, degli impianti di prevenzione e segnalazione degli incendi, dell’ordine igienico e, non ultimo, della possibilità di sorveglianza. Nella complessità della situazione, non tutte le scelte si rivelarono fruttuose e una parte considerevole di patrimonio subì anche attacchi di natura biologica (proliferazione di microrganismi, presenza di insetti e animali di piccola taglia e altro). Per ovviare a questi danni, seguirono indicazioni quali: le casse non dovevano essere sistemate nel sottosuolo e dovevano essere rialzate da terra di almeno quindici centimetri; importante era inoltre consentire l’aerazione dei locali.[58] I requisiti elencati nelle circolari costituiranno importanti fonti di ispirazione per la conservazione preventiva,[59] disciplina che si è andata progressivamente affermando dagli anni Sessanta del Novecento, ma che affonda le proprie radici in queste esperienze sul campo di gestione dei depositi di emergenza.[60]

Durante il periodo bellico, a fianco dei funzionari incaricati della supervisione dei depositi e del periodico controllo, erano attivi Alfonso Gallo e il Regio Istituto di patologia del libro con le professionalità che vi lavoravano,[61] e che furono di supporto al monitoraggio e alla risoluzione delle problematiche via via scaturite nei ricoveri, come si evince da una lettera inviata dal ministro dell’Educazione nazionale al direttore del Regio Istituto:

Oggetto: ricoveri antiaerei

Sembra che in alcuni rifugi destinati al ricovero del materiale bibliografico pregevole durante l’attuale periodo bellico si sia riscontrata la presenza di insetti e di muffe nei libri conservati nelle casse.

Desidero che eseguiate i necessari accertamenti e di riferirne a questo Ministero segnalando inconvenienti che si riscontrino e facendo proposte per quanto concerne eventuali spostamenti da operare e misure di prevenzione o di risanamento da adottare.

V’incarico quindi di compiere in tal senso ispezioni nei detti ricoveri.[62]

Tali ispezioni furono prontamente svolte e determinarono gli spostamenti delle casse nei casi in cui il deposito fosse ritenuto inadatto per esigenze di conservazione[63] dei documenti o di sicurezza, come si vedrà di seguito.

Nel più ampio quadro della Mobilitazione civile, con l’intento di rispondere prontamente al flagello dei flagelli, il fuoco, la circolare del Duce n. 104800 del 30 aprile 1936 istituì il servizio di Squadre di primo intervento per la protezione antiaerea (Paa) con la formazione di definiti gruppi per spegnere, con la necessaria prontezza, gli incendi causati dalle incursioni aeree:

Segnalerete, inoltre, l’opera svolta dalle squadre di primo intervento, che non mancherete di controllare continuamente, perché spesso soltanto il loro tempestivo ed efficiente impiego potrà salvare gli edifici e ridurre al minimo i danni prodotti in particolar modo dalla caduta di spezzoni incendiari.

Il ministro Bottai.[64]

Le squadre erano costituite da volontari che appartenevano allo stesso ufficio, dotate di equipaggiamento individuale e di materiali di bonifica contro incendi e aggressivi chimici.[65] Contro gli incendi erano indicati estintori a sabbia o a schiuma, pompe antincendio, sacchetti di sabbia e bombe pirofughe,[66] ordigni cui era affidato il compito di spegnere gli incendi sottraendo al fuoco l’ossigeno necessario per la combustione.[67]

L’Ufficio centrale di mobilitazione civile e protezione antiaerea prevedeva anche un compenso per i turni di effettiva prestazione del servizio alle squadre di primo intervento.[68]

Come si evince dai documenti conservati all’Archivio centrale dello Stato, diverse circolari si susseguirono sugli emolumenti da corrispondere al personale; tra queste, una in particolare riporta in dettaglio alcune informazioni particolarmente preziose:

5) il personale temporaneamente “comandato” presso i ricoveri di opere d’arte ha lo specifico incarico della vigilanza ininterrotta dei ricoveri stessi: a tale titolo vengono loro corrisposte le ordinarie indennità di missione. Conseguentemente non può essere consentito che, in aggiunta alle accennate indennità, detto personale sia retribuito anche con i fondi destinati al pagamento dei componenti le squadre di primo intervento.[69]

La vigilanza ininterrotta era un requisito imprescindibile per i depositi di opere d’arte. Laddove i ricoveri non potevano assicurare una sorveglianza costante, si impose la ricerca di nuovi depositi in grado di garantire queste condizioni di sicurezza. È questo il caso di Villa Albergati a Zola Predosa, nella provincia bolognese: l’isolamento nella campagna costituiva una vulnerabilità insormontabile per la scarsità dei custodi, aggiunta alla mancanza di linea telefonica; fu quindi scelta un’altra località presso Este, l’Abbazia di Santa Maria delle Carceri.[70]

La prevenzione tramite l’evacuazione delle opere in depositi temporanei opportunamente scelti e la preparazione di squadre di primo soccorso ai beni furono i cardini della tutela del patrimonio durante la seconda guerra mondiale. In particolare, la predisposizione di turni di squadre e lo stanziamento di fondi per gli emolumenti indicano un’organizzazione lucida e puntuale, da prendere d’esempio nei casi di disastro in cui il patrimonio viene coinvolto.

Di fronte alla distruzione causata dalla guerra, ad un tale e immane potenziale di pericolo, i bibliotecari e le bibliotecarie risposero con altrettanta forza e dedizione, mappando l’Italia in lungo e in largo alla ricerca di luoghi dove mettere in salvo le opere dell’ingegno e della creatività umana. Nonostante il periodo difficile e di forte tensione, la visione della tutela incrementò il suo vigore con lo sviluppo delle leggi sulla tutela,[71] la  fondazione degli Istituti di restauro, e l’attuazione di circolari operative per la salvaguardia del patrimonio. Questo è un importante esempio di senso del dovere professionale per chi oggi svolge attività di tutela e di ispirazione per la protezione del patrimonio culturale.

Conclusioni

Senza sminuire l’impatto della seconda guerra mondiale su archivi e biblioteche in Italia, per tre anni teatro di combattimenti e bombardamenti, le perdite furono nel complesso limitate rispetto ai danni riportati dagli altri Paesi europei.[72] Ad essere più gravemente colpite furono le biblioteche private, ecclesiastiche o di enti locali che, a causa di difficoltà organizzative ed economiche, non avevano potuto evacuare o spostare i materiali secondo le indicazioni dei soprintendenti.[73] Tale esito, confrontato con i risultati soddisfacenti ottenuti nelle biblioteche statali, fornisce una riprova dell’importanza per la conservazione del patrimonio culturale di una politica di gestione chiara e uniforme per archivi e biblioteche, non solo durante circostanze eccezionali quali quelle determinate da un conflitto. I piani italiani rivelano inoltre una lungimirante visione del ruolo di cataloghi e documentazione fotografica in quanto testimonianze imprescindibili in caso di perdite, ritrovamenti e danni, oltre che come elementi probanti in eventuali processi di restituzione.

Attualmente esistono svariati progetti e iniziative internazionali per supportare la protezione dei beni culturali minacciati da guerre o altre situazioni a rischio. Il programma Memory of the World dell’Unesco è nato nel 1992 per incentivare la conservazione e la riproduzione fotografica o digitale del patrimonio documentale a rischio.[74] Il programma Endangered Archives della British Library mette ogni anno a disposizione finanziamenti per la digitalizzazione di archivi identificati come rilevanti e a rischio di distruzione o grave deterioramento in tutto il mondo.[75] Nel 2015 l’International federation of library associations and institutions (Ifla) ha creato un Risk register for documentary cultural heritage per la conservazione e salvaguardia del patrimonio documentario mondiale minacciato da catastrofi.[76]

Eventi drammatici dell’attualità riportano periodicamente all’attenzione anche dei non specialisti la gravità della perdita del patrimonio non solo artistico ma anche documentario e librario. Nonostante questi momenti di consapevolezza, l’affermazione in una prospettiva globale di una solida coscienza condivisa delle radici culturali collettive rappresenta ancora una sfida cruciale nella battaglia per la conservazione della memoria.


[1] A. Paoli, «Salviamo la creatura». Protezione e difesa delle biblioteche italiane nella seconda guerra mondiale, Roma, Associazione Italiana Biblioteche, 2003, p. 13.

[2] Si vedano le circolari del ministero dell’Educazione nazionale (che dal 1929 al 1944 aveva sostituito il ministero della Pubblica istruzione) del 13 gennaio 1935, n. 763, “Protezione contro gli attacchi aerei del materiale bibliografico di gran pregio”, e del 15 dicembre 1936, n. 7774. Cfr. anche Ministero della pubblica istruzione, La ricostruzione delle biblioteche italiane dopo la guerra 1940-45. I. I danni, Roma, Fratelli Palombi, [1949], in part. pp. 11-13. Si veda anche la presentazione di Mauro Guerrini in A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., p. 8; F. Cristiano, I piani di protezione: le origini, in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi durante la seconda guerra mondiale. Il caso italiano, Bologna, Pendragon, 2007, pp. 15-17 e 20-21; N. Schneider, The losses of the music collection of the Hessische Landesbibliothek in Darmstadt in 1944: a case study on the failure to safeguard historical library holdings, in A.-S. Goeing, A. Grafton, P.Michel and A. Blauhut (eds.), Collectors’ knowledge: what is kept, what is discarded, Leiden-Boston, Brill, 2013, p. 383. Per l’elenco dettagliato dei rifugi e dei fondi che avrebbero dovuto rispettivamente ospitare si vedaLa ricostruzione delle biblioteche italiane dopo la guerra 1940-45. I. I danni, cit., pp. 13-14; A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi, cit., pp. 45-46; e A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., pp. 18-45.

[3] Questo era infatti il motivo per cui i bibliotecari britannici scelsero di mantenere accessibile la maggior parte delle risorse nonostante i rischi: cfr. A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., pp. 144-145.

[4] Cfr. A. Petrucciani, Le biblioteche italiane durante la guerra: i servizi al pubblico, in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi, cit.; si veda anche F. Cristiano, I piani di protezione: le origini, cit., pp. 18-19 e A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., pp. 112-114 e 117. Sul ruolo riconosciuto alla lettura anche e soprattutto durante i periodi bellici già nei decenni immediatamente precedenti si veda L. De Franceschi, Libri in guerra. Editoria e letture per i soldati nel primo Novecento, Milano-Udine, Mimesis, 2019.

[5] F. Cristiano, I piani di protezione: le origini, cit., pp. 5 e 9-10; S. Buttò, I bibliotecari italiani e la seconda guerra mondiale: generazioni a confronto, in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi, cit., pp. 257-259.

[6] Il compito di protezione e supervisione sul patrimonio librario spettava alle Soprintendenze bibliografiche. Cfr. V. Roncuzzi Roversi Monaco, La tutela del patrimonio librario negli anni della seconda guerra mondiale: il caso della Biblioteca Civica bolognese, in L. Ciancabilla (a cura di), Bologna in guerra. La città, i monumenti, i rifugi antiaerei, Argelato, Minerva, 2010, p. 87; F. Cristiano, I piani di protezione: le origini, cit., p. 14; si veda anche l’introduzione in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi, cit., p. vii. Nel 1939 si aggiunsero anche nove Soprintendenze archivistiche, troppo tardi perché potessero avere una reale incidenza sulle strategie da attuare durante la guerra: cfr. Commissione Alleata – Sottocommissione per i Monumenti e le belle Arti, Rapporto finale sugli archivi, Roma, Istituto poligrafico dello stato, 1946, consultabile online:

www.icar.beniculturali.it/biblio/_view_volume.asp?ID_VOLUME=27 (ultimo accesso il 30 aprile 2022), p. 8.

[7] Cfr. Rapporto finale sugli archivi, cit., parte seconda: Stato degli Archivi italiani al termine della guerra, pp. 7-10 e 67-75; A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., pp. 121 e 130-149, in part. p. 148; R. Ranieri, Il ruolo degli alleati nella preservazione delle biblioteche e degli archivi durante l’esperienza di liberazione/occupazione (1943-46), in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi, cit., p. 172; S. Buttò, I bibliotecari italiani, cit., pp. 249-250; M. Ceresa, La Biblioteca Vaticana e le biblioteche romane durante la seconda guerra mondiale, in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi, cit., pp. 343 e 354.

[8] La ricostruzione delle biblioteche italiane dopo la guerra 1940-45. I. I danni, cit., p. 18; A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., p. 131; A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., pp. 76, 78 e 96; M. Ceresa, La Biblioteca Vaticana e le biblioteche romane, cit., p. 343.

[9] Rapporto finale sugli archivi, cit., pp. 10-12; M. Ceresa, La Biblioteca Vaticana e le biblioteche romane, cit., pp. 343-349; A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., p. 76.

[10] A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., p. 50 passim, in part. p. 133; A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., p. 97; S. Buttò, I bibliotecari italiani, cit.; M. Ceresa, La Biblioteca Vaticana e le biblioteche romane, cit., pp. 343-344 e 349-350.

[11] Rapporto finale sugli archivi, cit., pp. 7-8; F. Cristiano, I piani di protezione: le origini, cit., p. 14 e 17-18; N. Schneider, The losses of the music collection, cit., p. 382.

[12] A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., p. 145. Anche le regole sulla gestione dei rifugi erano simili.

[13] N. Schneider, The losses of the music collection, cit., pp. 382-383; si veda anche J.-L. Alessandrini, Lost books of ‘Operation Gomorrah’: rescue, reconstruction, and restitution at Hamburg’s library in the second world war, in F. Bruni and A. Pettegree (eds.), Lost books. Reconstructing the print world of pre-industrial Europe, Leiden-Boston, Brill, 2016, p. 446, n.18.

[14] A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., pp. 15-17; A. Petrucciani, Le biblioteche italiane durante la guerra, cit., p. 114, n. 19.

[15] V. Roncuzzi Roversi Monaco, L’Archiginnasio bombardato: i danni all’edificio e al patrimonio librario, in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi, cit., pp. 535-536; V. Roncuzzi Roversi Monaco, La tutela del patrimonio librario, cit., pp. 93-95; A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., pp. 130-131.

[16] A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., p. 95; Id., «Salviamo la creatura», cit., p. 132.

[17] L’annuncio dell’armistizio da parte del generale Badoglio trasmesso alla radio dall’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (Eiar) l’8 settembre 1943 può essere ascoltato sul sito della RAI – Radiotelevisione Italiana:

www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-779832fd-4b38-4666-993e-fa7507fb2e96.html (ultimo accesso il 30 aprile 2022).

[18] A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., pp. 46-76 e 98-99; A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., pp. 74-92.

[19] Al ministero della Guerra fu affidata l’organizzazione della protezione antiaerea in tempo di pace. Con Rd del 5 marzo 1934, firmato dal ministro della Guerra Benito Mussolini, venne approvato il “Regolamento per la protezione antiaerea del territorio nazionale e della popolazione civile”. I provvedimenti da attuare dalla Protezione antiaerea (Paa), implicavano diverse predisposizioni organizzative tra cui (art. 2) «la protezione del patrimonio artistico e scientifico nazionale e di tutto ciò che in genere sia possibile sottrarre agli effetti delle azioni degli aerei nemici». Altra misura prevista era la costituzione di Comitati provinciali e comunali. Si veda Senato del regno e della Camera dei fasci e delle corporazioni, La legislazione fascista nella XXIX legislatura, 1934-1939 (XII-XVII), vol. I, 1939, p. 659.

[20] Sugli archivi italiani durante la seconda guerra mondiale si veda Sergio Camerani, “Gli Archivi italiani e la guerra in recenti pubblicazioni”, Archivio storico italiano, vol. CIII/CIV, no. 390 (1945-1946), 196-200; Emilio Re, “Gli archivi italiani durante la guerra”, Archivio della Deputazione Romana di Storia Patria, vol. LXIX, no. 1-4 (1946), 1-22; Emilio Re, “The Italian Archives during the war”, The American Archivist, vol. XI, no. 2 (1948), 99-114; Commissione Alleata – Sottocommissione per i Monumenti e le belle Arti, Rapporto finale sugli archivi, cit.; E. Gencarelli, Gli archivi italiani durante la seconda guerra mondiale, Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato, 50, Roma, Arti Grafiche Panetto & Petrelli, 1979; Stefano Moscadelli, “Biblioteche e archivi durante la seconda guerra mondiale in una recente pubblicazione”, Nuovi annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari, XXIII (2009), 115-129; Marco Lanzini, “1943. Milano, Italia. Le perdite dell’Archivio di Stato nelle parole dei protagonisti dell’epoca #75°Liberazione”, Il Mondo degli Archivi, Sezione: Gli archivi (si) raccontano, 24 Aprile 2020, http://www.ilmondodegliarchivi.org/rubriche/gli-archivi-si-raccontano/812-1943-milano-italia-le-perdite-dell-archivio-di-stato-nelle-parole-dei-protagonisti-dell-epoca-75-liberazione# (ultimo accesso il 27 agosto 2022).

[21] F. Cristiano, I piani di protezione: le origini,cit., pp. 12-13.

[22] S. Buttò, I bibliotecari italiani, cit., p. 249.

[23] Legge 10 giugno 1937-XV, n. 1629, “Conversione in legge, con modificazioni, del R. decreto-legge 29 ottobre 1936-XV, n. 2216, recante norme fondamentali in materia di protezione antiaerea”.

[24] V. Roncuzzi Roversi Monaco, Il bombardamento sull’Archiginnasio: vicissitudini dell’edificio storico e del patrimonio librario, in C. Bersani e V. Roncuzzi Roversi Monaco (a cura di), Delenda Bononia: immagini dei bombardamenti 1943-1945, Bologna, Pàtron, 1995, pp. 119-144.

[25] M. Guercio, De Gregori, Luigi, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 36, Roma, Istituto della enciclopedia italiana Treccani, 1988, pp. 207-209, consultabile online:

https://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-de-gregori_(Dizionario-Biografico) (ultimo accesso il 27 agosto 2022).

[26] Sulla figura di Luigi De Gregori e sull’attività svolta durante il conflitto si citano in particolare Domenico Fava, “Luigi De Gregori”, Bollettino dell’Istituto di patologia del libro, VI, fasc. III-IV (1947), 123-126; Giannetto Avanzi, “Luigi De Gregori (1874-1947)”, Nuova Antologia, vol. LXXXIII, fasc. 1766 (1948), 204-206; Enrico Jahier, “Luigi De Gregori”, Accademie e biblioteche d’Italia, vol. XVIII, no. 1/2/3 (1950), 173-174.

[27] S. Buttò, I bibliotecari italiani, cit., p. 254.

[28] Si veda l’introduzione in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri, Le biblioteche e gli archivi, cit., p. vii. Sulla figura di Alfonso Gallo si veda G. Avanzi, La figura e l’opera di Alfonso Gallo: commemorazione promossa dalla Associazione bibliofili italiana, tenuta al Caffè Greco di Roma il 4 gennaio 1953, Roma, s.n., 1953; P. Gallo e F. Gallo, A. G. e l’Istituto di patologia del libro, in M. Regni e P.G. Tordella (a cura di), Conservazione dei materiali librari archivistici e grafici, vol. I, Torino, Allemandi, 1996, pp. 39-45; E. Fileri, Gallo, Alfonso, in Dizionario biografico degli italiani, https://www.treccani.it/enciclopedia/alfonso-gallo_(Dizionario-Biografico)/ (ultimo accesso il 27 agosto 2022); G. De Gregori, Gallo, Alfonso, in G. De Gregori e S. Buttò (a cura di), Per una storia dei bibliotecari italiani del XX secolo. Dizionario bio-bibliografico 1900-1990, Roma, Associazione Italiana Biblioteche, 1999, pp. 95-96, http://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/gallo.htm (ultimo accesso il 22 maggio 2022); L. Orabona, Alfonso Gallo. Paleografo e patologo del libro storico della protocontea normanna di Aversa,Napoli, Guida, 2004.

[29] Il Dpr 26 novembre 2007, n. 233, ha sancito l’unione tra settore archivistico e bibliografico decretando la fusione dell’Istituto centrale per la patologia del libro (Icpl) con il Centro di fotoriproduzione, legatoria e restauro degli archivi di Stato (Cflr), istituzioni distinte per competenze sin dalla loro nascita. L’ente che ne è derivato aveva inizialmente assunto la denominazione di Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario (Icrcpal), trasformata dal 2020 in Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro (Icpal) in base al Dpcm 2 dicembre 2019, n. 169, del Mibact.

[30] Si veda Ministero dell’educazione nazionale, Direzione generale delle accademie e biblioteche, Le biblioteche d’Italia dal 1932-X al 1940-XVIII, Roma, Fratelli Palombi, 1942.

[31] Si veda A. Petrucciani, Libri e libertà: biblioteche e bibliotecari nell’Italia contemporanea, Roma, Vecchiarelli, 2012, p. 68.

[32] Ibidem.

[33] F. Cristiano, I piani di protezione: le origini, cit., p. 15.

[34] Si veda l’introduzione in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri, Le biblioteche e gli archivi, cit., p. vii.

[35] F. Cristiano, I piani di protezione: le origini, cit., p. 24.

[36] Il progetto era stato presentato da Gallo al ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai. Con Rd 23 giugno 1938-XVI, n. 1038, a firma di Vittorio Emanuele III, venne istituito il Regio Istituto di patologia del libro, come istituto governativo, che sorgerà nell’area di Panisperna sul colle del Viminale nella palazzina che ospitò l’Istituto di Botanica della Sapienza di Roma, la cui costruzione iniziò nel 1887. Si veda in merito al sito L. Bianchi, M.R. Coppola, V. Mutarelli e M. Piacentini (a cura di), Case e torri medioevali a Roma: Documentazione, storia e sopravvivenza di edifici medioevali nel tessuto urbano di Roma, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1998, p. 113. Per maggiori dettagli sull’Istituto si veda Regio Istituto di patologia del libro, “Le origini dell’Istituto. Inaugurazione dell’Istituto”, Bollettino del Regio Istituto di patologia del libro, I, fasc. I (1939-XVII), 1-11; A. Gallo, Il Regio Istituto di patologia del libro nel 1940, Roma, Regio Istituto di patologia del libro, 1941-XIX; Alfonso Gallo, “L’Istituto di patologia del libro”, Bollettino dell’Istituto di patologia del libro “A. Gallo”, XXVII, fasc. III-IV (1968), 145-149. Una breve presentazione è reperibile anche in Archivio storico Istituto Luce, Il nuovo istituto di patologia del libro, Giornale Luce B / B1346, 27 luglio1938, https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000031199/2/il-nuovo-istituto-patologia-del-libro.html?startPage=0  (ultimo accesso il 26 agosto 2022). Inoltre nel canale YouTube del Mic si possono visualizzare gli storici documentari sull’Istituto riuniti in un unico collage video dall’Archivio Istituto Luce elaborato per la campagna “La cultura non si ferma” (2020).

[37] Alfonso Gallo, “Libri malati”, Accademie e biblioteche d’Italia, X, no. 5-6 (1936), 334-345.

[38] Legge 1° giugno 1939, n. 1089, “Tutela delle cose di interesse artistico e storico”, rimasta in vigore fino al Dlgs 29 ottobre 1999, n. 490, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”, noto come “Codice Urbani”, e legge 29 giugno 1939, n. 1497, “Protezione delle bellezze naturali”.

[39] Il Regio Istituto centrale del restauro, istituito con legge 22 luglio 1939-XVII, n. 1240, venne inaugurato il 18 ottobre 1941 alla presenza del ministro Bottai.

[40] A. Gallo, Il R. Istituto di patologia del libro in Roma, Quaderni italiani, Ser. 8, Accademie, biblioteche, archivi e istituti di alta cultura, seconda edizione, Roma, Irce – Istituto Nazionale per le relazioni culturali con l’estero, 1942, pp. 9-10.

[41] A. Gallo, “L’Istituto di patologia del libro”, cit., pp. 145-149.

[42] A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., pp. 44-45.

[43] V. Trombetta, Biblioteche e archivi napoletani durante la guerra, in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi,cit., p. 394.

[44] G. Mongelli, La sacra Sindone a Montevergine e la sua ostensione il 28-29 ottobre 1946, Montevergine, s.n., 1973.

[45] A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., pp. 45-46.

[46] Si veda l’introduzione in A. Capaccioni, A. Paoli e R. Ranieri (a cura di), Le biblioteche e gli archivi, cit., p. viii.

[47] Presso l’Istituto era stata predisposta, sin dalla fondazione, una fototeca finalizzata alla raccolta di documenti utili alle ricerche dei vari laboratori. In essa sono conservati fototipi che documentano le operazioni predisposte per la movimentazione di libri e manoscritti nei ricoveri antiaerei e i danni subiti in seguito ai bombardamenti. Sui fondi della fototeca si veda Maria Francesca Bonetti e Clemente Marsicola (a cura di), Alfabeto fotografico romano. Collezioni e archivi fotografici di istituzioni culturali in Roma, Roma, Iccd, 2017, p. 385. Molte immagini raccolte furono pubblicate nei due volumi sui danni e sulla ricostruzione delle biblioteche curati dal ministero della Pubblica istruzione, cfr. Ministero della pubblica istruzione, La ricostruzione delle biblioteche italiane dopo la guerra 1940-45. I. I danni, Roma, Fratelli Palombi, [1949], e Ministero della pubblica istruzione, La ricostruzione delle biblioteche italiane dopo la guerra 1940-45. II. La ricostruzione, Roma, Fratelli Palombi, [1953].

[48] A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., p. 54.

[49] Enrico Jahier, Protezione antibellica delle biblioteche: esperienze e provvidenze”, Accademie e biblioteche d’Italia, vol. XXXI, no. 5 (1963), 416-423.

[50] Prendendo a prestito l’espressione usata da Paoli per il titolo del suo libro: «Salviamo la creatura». Si veda l’introduzione in A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., p. 11.

[51] La fondazione ha di recente aggiornato il proprio nome in Monuments Men & Women Foundation,  https://www.monumentsmenandwomenfnd.org/ (ultimo accesso il 10 agosto 2022).

[52] Si evidenzia a tal proposito la pagina dedicata a Luigi De Gregori (Andrea Paoli per il contributo biografico) tra i Monuments men: https://www.monumentsmenandwomenfnd.org/first-hand-participants/luigi-de-gregori (ultimo accesso il 10 agosto 2022) e il recente intervento di V. Iossa, “4a Conferenza nazionale AIPH – Associazione Italiana di Public History, 27-31 maggio, Venezia-Mestre 2022”, dal titolo: E i Bibliotecari? Monuments men anche loro, all’interno della sessione Monuments men (and women) italiani. In merito si veda anche G. Villoresi, Books men, gli eroi che salvarono le biblioteche italiane, «la Repubblica – il venerdì», 22 aprile 2022. Si ringrazia la dott.ssa Vincenza Iossa per l’informazione avuta sull’organizzazione no-profit americana Monuments MenFoundation.

[53] Sezione dell’esercito alleato (sotto il Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force) che ebbe il merito di mettere in atto, subito dopo i primi bombardamenti, interventi di primo soccorso e di emergenza nonché di sorveglianza contro saccheggi e vandalismi. L’enorme attività svolta sul territorio nazionale è testimoniata dal corpus documentario conservato presso i National Archives and Records Administration (Nara) e disponibile in copia (microfilm e formato elettronico) presso l’Archivio centrale dello Stato. Una copia di sicurezza (non consultabile) è conservata anche presso l’Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro. A tal proposito si veda Donatella Matè e Loredana Pirotti, “Digitalizzazione della copia di sicurezza dei microfilm dell’Archivio ACC: dal CFLR all’ICPAL”, Il Mondo degli Archivi, Sezione: In Italia, 15 Dicembre 2021,  http://www.ilmondodegliarchivi.org/rubriche/in-italia/913-digitalizzazione-della-copia-di-sicurezza-dei-microfilm-dell-archivio-acc-dal-cflr-all-icpal (ultimo accesso il 17 agosto 2022).

[54] Si cita in proposito il noto film di G. Clooney, Monuments men (2014), ispirato al testo di R.M. Edsel, Monuments men. Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia,Milano, Sperling & Kupfer, 2013, e il film documentario di M. Martella, Nel nome di Antea. L’arte italiana al tempo della guerra (2018), prodotto dall’Istituto Luce Cinecittà. Si veda anche il saggio di Paolo Rondelli, “Frederick Hartt e l’organizzazione dei Monuments Men in Italia (1944-1945)”, Novecento.org, no. 15, febbraio 2021, doi:10.12977/nov381. Si evidenzia altresì che Gran Bretagna e Stati Uniti hanno ricostituito moderne unità di Monuments Men all’interno delle loro forze armate, istituendo un rapporto continuo con la U.S. Army Civil Affairs soldiers dell’esercito degli Stati Uniti. Queste unità continuano a essere dispiegate in aree di conflitto armato. Per la guerra in corso nel territorio ucraino è stato lanciato il progetto: Saving Ukrainian Cultural Heritage Online (Sucho). Il team è composto da professionisti del patrimonio culturale che si sono attivati per preservare siti web, set di dati e risorse digitali grazie a tecnologie quali: l’Internet Archive Wayback Machine, il crawler Browsertrix, l’estensione del browser ArchiveWeb.page e l’app del progetto Webrecorder, https://www.sucho.org/ (ultimo accesso il 17 agosto 2022).

[55] E. Hobsbawm, Il secolo breve 1914-1991, Milano, Rizzoli, 2014.

[56] A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., p. 13. Con la legge del 6 luglio 1940, n. 4101, “Protezione delle cose d’interesse artistico, storico, bibliografico e culturale della Nazione in caso di guerra” (GU n. 185 dell’8 agosto 1940), i  ministri dell’Interno e dell’Educazione nazionale potevano requisire in uso immobili idonei alla conservazione di beni che dovevano essere portati in luogo sicuro.

[57] F. Cristiano, I piani di protezione: le origini, cit., p. 25.

[58] A. Paoli, «Salviamo la creatura», cit., p. 26.

[59] Cristina Menegazzi e Iolanda Silvestri (a cura di), La conservazione preventiva delle raccolte museali. Servizi e professionalità “nuove” per la tutela, Atti del convegno internazionale, Ferrara Fiere – 27 marzo, Kermes Quaderni, Firenze, Nardini, 2003.

[60] J.H. Stoner, R. Rushfield, Conservation of easel paintings, New York,Routledge, 2012, p. 659.

[61] Fin dalla fondazione dell’Istituto di patologia del libro erano presenti i seguenti laboratori: restauro, chimica, biologia, ottica fisica, tecnologia della carta e fotografico. A completamento vi erano la biblioteca, il museo e la fototeca.

[62] Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro (Icpal), Archivio storico, f. 8, b. 2 «Documenti non protocollati», f. s.d.

[63] A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., pp. 49 e ss.

[64] Ministero dell’educazione nazionale, prot. n. 6935, Roma, 1 dicembre 1942, Oggetto: Danni arrecati dai bombardamenti nemici. Squadre di primo intervento, Acs, Mpi, Direzione generale del personale e degli affari generali e amministrativi (Dgpaga), 1910-1964, b. 177, f. 1058.

[65] A. Paoli, «Salviamo la creatura»,cit., p. 14. Nonostante la Convenzione dell’Aja del 1907, art. 23 proibisse l’uso di armi chimiche in combattimento, queste furono utilizzate nella prima guerra mondiale, da qui la necessità di proteggersi. Si veda anche il protocollo di Ginevra del 17 giugno 1925: Protocol for the Prohibition of the Use of Asphyxiating, Poisonous or Other Gases, and of Bacteriological Methods of Warfare, https://ihl-databases.icrc.org/applic/ihl/ihl.nsf/INTRO/280?OpenDocument (ultimo accesso il 3 giugno 2022).

[66] A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., p. 36.

[67] Una interessante presentazione di questo dispositivo si può trovare in Archivio storico Istituto Luce, La bomba pirofuga X, Giornale Luce B / B0609, 1/1935, https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000015089/2/la-bomba-pirofuga-x.html?startPage=0 (ultimo accesso il 7 giugno 2022).

[68] Ministero delle finanze, circolare n. 72, Roma, 23 giugno 1942, Oggetto: squadre di primo intervento per la protezione antiaerea, Acs, Mpi, Direzione generale del personale e degli affari generali e amministrativi (Dgpaga), 1910-1964, b. 177, f. 1058.

[69] Prot. n. 13893, Roma, 20 settembre 1941, Oggetto: funzionamento del servizio di primo intervento. Fondi per indennità alle squadre, Acs, Mpi, Direzione generale del personale e degli affari generali e amministrativi (Dgpaga), 1910-1964, b. 177, f. 1058.

[70] A. Paoli, «Salviamo la creatura»,cit., p. 52.

[71] Ricordiamo le leggi di tutela del 1939: legge 1° giugno 1939-XVII, n. 1089, “Tutela delle cose d’interesse artistico e storico”, legge 29 giugno 1939, n. 1497, “Protezione delle bellezze naturali”.

[72] Si veda sopra, nota 8. Un’eccezione è rappresentata dalla grave perdita di 2.800 manoscritti e documenti dell’abbazia di Montecassino.

[73] La ricostruzione delle biblioteche italiane dopo la guerra 1940-45. I. I danni, cit., pp. 14-15. Si veda anche A. Paoli, I piani di protezione: la loro esecuzione, cit., pp. 55-56 e 93-94; e Paoli, «Salviamo la creatura», p. 122.

[74] Si veda il sito web del programma: https://en.unesco.org/programme/mow (ultimo accesso il 12 giugno 2022).

[75] Si vedano il sito web del programma: http://eap.bl.uk, e M. Kominko (a cura di), From Dust to Digital: Ten Years of the Endangered Archives Programme, Cambridge, Open Book Publishers, 2015.

[76] Si veda: https://www.ifla.org/units/risk-register/ (ultimo accesso il 12 giugno 2022).